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Mindset è un termine meraviglioso, rimanda ad una serie di qualità umane che ci permettono di interpretare proattivamente e con onestà gli accadimenti della vita in un'ottica evolutiva. Quando si parla di mindset ci si riferisce elementi modificabili del nostro mondo interiore, come il metodo di pensiero e le convinzioni personali..
Si distinguono almeno due tipi di mindset, quella fissa e quella orientata alla crescita. Quest'ultima è molto più interessante della prima perché rappresenta un doppio vantaggio: è il patrimonio con cui un bambino viene al mondo ed è lo strumento più adeguato per facilitarne lo sviluppo. Infatti, capacità e intelligenza si potenziano incredibilmente grazie alla vicinanza di adulti impegnati attivamente in un percorso di crescita personale.
Tuttavia una mindset orientata alla crescita non può essere imposta e non dovrebbe mai essere recitata, casomai intimamente praticata e periodicamente messa in discussione. Questo accade perché i bambini possiedono una chiara e raffinata percezione delle contraddizioni e chiedono, spesso a gran voce, coerenza e autenticità.
Osservazione, ascolto attivo e auto-riflessione sono alcuni elementi che permettono di coltivare una mentalità orientata alla crescita.
I neonati ampliano le loro abilità ogni giorno, non sono capacità ordinarie, si tratta dei compiti più difficili di una vita, come imparare a camminare e parlare. Inoltre non si preoccupano di interpretare negativamente l'esperienza e la ripetono in continuazione finché non riescono. Lo possono fare in quanto acuti osservatori e maestri di neutralità affascinati dalla scoperta.
Uno degli aspetti più critici che si affrontano in educazione è la capacità di guardare lucidamente al bambino (Beller 2000), cioè di osservarlo per ciò che fa ed è, non per ciò che pensiamo faccia o sia. Questo compito dinamico spetta all'adulto, che per ruolo e maturità non dovrebbe imprigionare il bambino in generalizzazioni soggettive come: è dispettoso, intelligente, capriccioso. Un bambino non è mai dispettoso e tutti sono intelligenti, c'è una concatenazione di fatti precisi che, ad esempio, lo portano a gettare il cibo a terra. Cosa ha sentito? Cosa abbiamo detto? Quanti no gli abbiamo già imposto oggi? Ero connesso con lui mentre eravamo a tavola o pensavo a rispondere a quel messaggio? Che cibo gli ho presentato? Sono forse stanco?
Ci si potrebbe domandare quanto meglio starebbe e cosa potrebbe fare, dire, sentire, esprimere questo bambino se gli adulti si dedicassero a osservare i fatti piuttosto che a interpretarli. Certamente gli affanni di molti genitori ed educatori ne uscirebbero ridimensionati.
In educazione si guarda al risultato pratico e l'allineamento tra quello che si chiede di fare ad un bambino e ciò che si fa in prima persona è sempre molto remunerativo. Il principio di congruenza prevede che prima di chiedere qualcosa ad un bambino quel qualcosa sia una capacità ben espressa dall'educatore.
Ad esempio, ci si aspetta che i bambini ed i ragazzi ascoltino le nostre indicazioni tutto il tempo, ma quanto spesso accade che un adulto ascolti i suggerimenti espliciti ed impliciti che comunica un bambino? Ascoltando in modo autentico non solo si apre la propria mente a nuove idee ma si creano comunità di persone che si sentono ascoltate e comprese.
Se non s'interrompesse con le nostre interpretazioni la meravigliosa comunicazione che un bambino cerca di stabilire con noi, se ci si sentisse liberi dal rispondere per forza, se si tenesse la mente concentrata sulla persona che abbiamo davanti invece che lasciarla vagare in attesa di dire qualcosa, cosa accadrebbe? Più si ascolta, più è facile capire gli altri.
Capire la diversità è il requisito minimo per interloquire con la vita di un altra persona.
L'auto-riflessione critica è la capacità di mettere in discussione le proprie assunzioni, convinzioni e prospettive al fine di rinnovare le motivazioni alla base del proprio agire (Merzirow 2006). In breve, se l'adulto interpreta con convizione "è un dispetto" si relazionerà con un bambino dispettoso, ma se l'adulto legge "ha gettato il cibo a terra perché sono stato troppo al telefono e ne ha sofferto" agirà molto diversamente.
L'auto-riflessione critica consente di rivalutare e modificare le strutture con cui si interpretano le circostanze della vita. Nonostante sia "critica" non ha accezioni negative e permette di prendere consapevolezza di tutti gli aspetti che concorrono a determinare il nostro agire senza esprimere giudizi.
L'auto-riflessione è critica poiché l''educazione è una transizione costante che implica la navigazione attraverso numerosi cambiamenti e, mentre ci si sposta da un significato all'altro, si vivono numerose crisi di senso: "non capisco cosa voglia mio figlio", "ciò che avevo capito prima non è più valido ora", "non sono il genitore che dovrei/vorrei essere". Queste situazioni sono molto faticose e possono portare disorientamento, smarrimento e demotivazione.
Assieme all'osservazione, al principio di congruenza e all'ascolto attivo, l'auto-riflessione ci permette di comprendere i presupposti che governano azioni e comportamenti e rappresenta un valido supporto per sviluppare nuove interpretazioni di fatti e accadimenti, aprendo a modi di agire alternativi.
Non è semplice lavorare in solitudine con questi strumenti perché l'auto-referenzialità è un rischio molto concreto. È invece opportuno cercare strutture professionali capaci di fornire adeguate indicazioni sull'utilizzo di tecniche e strumenti, nonché in grado di dare un feedback disinteressato sull'applicazione degli stessi.
Guardando le nostre azioni e i diversi stati d'animo che le accompagnano è possibile farsi un'idea di come quest'ultimi siano fortemente condizionanti e spesso anche contraddittori. Quando però si riesce ad osservare ed ascoltare, già si pongono le basi di un'ascolto più profondo, cioè di una migliore sintonia tra azione, intenzione e stato d'animo; allora sarà possibile constatare quanto possa potenziarsi la relazione con il bambino e come possa crescere la qualità della nostra pratica educativa.
"Sei pigro ed egoista, non mi aiuti mai", "Sai che quando non mi ascolti mi sento triste perché penso che quello che dico non sia importante?". Gli effetti di una comunicazione sono concreti e diretti, a volte anche troppo dolorosi. Coltivare la capacità di osservare, ascoltare e riflettere su se stessi è certamente un buon modo per accrescere la qualità della comunicazione nella coppia, all'interno della famiglia e con i propri studenti. D'altra parte, anche chiedere aiuto è un segno di maturità.