Molti mondi, un solo Pianeta
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Un ecosistema è strettamente legato all’equilibrio tra gli esseri viventi che lo abitano e l’ambiente che li ospita. È un insieme complesso, formato da diverse parti interdipendenti che occupano lo stesso spazio fisico e, pur esistendo singolarmente, tendono verso un fine comune.
Gli elementi fisici, chimici e biologici che costituiscono un ecosistema instaurano tra loro uno stato di simbiosi, regolato da leggi naturali e chimiche ben precise.
9 specie su 10 a rischio di estinzione
Un ecosistema possiede la capacità naturale di produrre stabilmente le risorse necessarie per il sostentamento della vita. Alla base di questo processo, tuttavia, vi è un elemento oggi gravemente compromesso: la biodiversità. Gli studi mostrano che il prolungarsi di questa condizione potrebbe condurre alla prima estinzione di massa causata non da eventi naturali, ma da azioni umane. In questo contesto, la nostra responsabilità è enorme: ben nove specie viventi su dieci sono gravemente minacciate dalle attività umane.
Quando viene meno la biodiversità, gli ecosistemi faticano a riorganizzarsi, adattarsi e rispondere a eventi critici. Il sistema è interconnesso: la scomparsa di una singola specie si ripercuote sulle altre, arrivando a compromettere la capacità dell’ecosistema di fornire aria, acqua e cibo.
La comunità scientifica non contesta l’idea stessa di estinzione di massa – ne sono state individuate almeno cinque in epoche passate – quanto la velocità con cui questa sta avvicinandosi. Si calcola, ad esempio, che i vertebrati stiano scomparendo a un tasso 144 volte superiore rispetto al normale (Ehrlich, 1968 e 2021).
I modelli culturali e di comportamento perpetuati con irragionevole cecità dal genere umano, oltre a causare gravi sofferenze a molti popoli, mettono in serio pericolo la sopravvivenza del nostro ecosistema, riducendo la sua capacità di produrre le risorse essenziali alla vita e indebolendo la sua resilienza naturale.
Una pedagogia delle interdipendenze
Questa crisi ecologica ci segnala che il nostro comportamento e la nostra visione del mondo devono essere rivisti, adattando il nostro modo di vivere alle possibilità del pianeta.
Si tratta di affrontare cambiamenti radicali, trovando soluzioni per soddisfare i bisogni umani di oggi senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri. Per ora, c’è ancora tempo per evitare il punto di non ritorno.
Storicamente, la pedagogia – guidata dalle intuizioni dei suoi maestri – ha spesso saputo cogliere i segnali di cambiamento, crisi e opportunità, ridefinendo in anticipo l’idea di uomo e società. Il tema dell’inclusività, oggi così centrale nelle politiche educative, è stato introdotto già alla fine dell’800 da autori come Ferrière, Claparède e Cousinet. Da almeno un ventennio, le ricerche pedagogiche e le esperienze sul campo suggeriscono di lavorare non solo su nuove competenze, ma anche sulla comprensione delle interdipendenze sociali e ambientali che caratterizzano il sistema in cui viviamo.
La qualità dell’esperienza umana cambia radicalmente quando si riconosce il limite della propria conoscenza e ci si apre alla coscienza e alla comprensione della complessità (E. Morin).
Il salto verso l’ignoto
Oggi, ristabilire una connessione tribale con la natura, come facevano i nostri antenati, non è più considerato un approccio valido. Essi cercavano una struttura di senso e la trovavano nella natura, eleggendo gli elementi naturali a loro guide. Al contempo, non si tratta nemmeno di umanizzare gli elementi naturali o promuovere una nuova forma di animismo (Bateson, 1972).
La sfida consiste nel trovare un equilibrio nuovo e inedito: la nostra mente immanente (Bateson, 1972) e la nostra esistenza – supportate da uno sviluppo scientifico e tecnologico senza precedenti – potrebbero dare vita a una relazione straordinaria con le strutture naturali, ridefinendo virtuosamente il nostro rapporto con il pianeta.